OTHER EUROPE / ALTRA EUROPA

What happens to African migrants once granted political refugee status? Which challenges they will need to face and what are their prospects for a decent livelihood in Italy?
In Turin, a northern Italian industrial city, an abandoned clinic has been squatted by more than 200 refugees since December 2008. All of whom are legal. Set between a cinema and a street market in a working-class neighborhood, this 5-story building is now inhabited by Somali and Sudanese refugees, forming a small African island in the heart of a European city, yet isolated from the rest of the world. There is running water in one room per floor for 80 persons on each floor; there is electricity but no heating. Khaled, Shukri and Ali, as all the other migrants, have been travelling through the hell in order to arrive in Italy. They crossed the border and are determined to have a normal life. Their hopes crash with a life condition “suspended”. Their expectations do deal with the limitations of a reality that welcomes them in a contradictory manner.
The film follows their stories in a years, showing life in the clinic and in the city, including the inevitable internal problems (due to the scarcity of food and water), the commitment of voluntary associations in providing a minimum support, the protests of citizenship and the initiatives of the City and Prefecture. The cold winter, unbearably sultry August, until the evacuation of the former clinic by the city authorities and the transfer of refugees in a barracks refitted for the occasion.
Three emblematic characters guide us in a story that reveals, with intimate look, a collective history, an emblematic tale of all European countries today and about their immigration policies and the changes the social fabric of European cities is undergoing.

Nel novembre del 2008 circa 300 rifugiati somali e sudanesi occupano una vecchia clinica abbandonata in uno storico quartiere operaio di Torino. La clinica è per loro l’unico rifugio, nonostante l’allacciamento all’energia elettrica sia precario e pericoloso e l’acqua corrente ci sia solo in quelle che erano le vecchie cucine della clinica, una per piano, una per circa 80 persone. Ma i rifugiati sono ben intenzionati a costruirsi qui un’alternativa, impegnandosi in corsi di avviamento al lavoro e nello studio della lingua italiana. Ed è proprio la loro determinazione ad animare gli squallidi e gelidi interni della clinica. Khaled, Shukry e Alì, come i loro compagni, hanno viaggiato tra mille difficoltà pur di arrivare fin qui, in Europa, per conquistarsi una vita migliore. Le loro speranze si scontrano con una condizione di vita “sospesa” in attesa di una soluzione che non arriva. Vorrebbero raggiungere un'”altra Europa” ma sono bloccati qui per via della legislazione europea (il regolamento Dublino II) che li obbliga a risiedere nel primo paese in cui arrivano e dove vengono prese le loro impronte digitali.
Il film segue le loro vicende nell’arco di un anno, scandite dalla trasmissione radiofonica Titanic in lingua somala, e mostra la vita all’interno della clinica e in città, tra gli inevitabili problemi interni, le proteste della cittadinanza e le provvisorie iniziative del Comune e della Prefettura. Dal freddo inverno all’afa insopportabile d’agosto, fino allo sgombero autunnale dell’ex clinica disposto dal prefetto e la sistemazione dei rifugiati in una vecchia caserma riattata per l’occasione, l’ennesima soluzione temporanea. Ma il loro viaggio non è ancora finito e la loro nuova vita ancora tutta da inventare… Tre personaggi emblematici ci guidano in un racconto che ci rivela da vicino, con sguardo intimo e partecipe, il loro punto di vista sull’Italia e sull’Europa. Una storia collettiva tra sogni e delusioni, con il costante desiderio di fuggire da questi Stati incapaci di accoglierli nella ricerca continua di un’altra Europa in grado di offrirgli una possibilità di vita dignitosa.

Leave a comment